Samuel Beckett nacque presso una famiglia protestante anglo-irlandese nel 1913 a Foxrock, un piccolo centro vicino a Dublino, dove trascorse un’infanzia tranquilla, non segnata da eventi particolari. Studiò alla Portora Royal School di Enniskillen e poi al Trinity College dove si manifestarono i primi segni di un profondo malessere interiore che lo accompagnò per tutta la vita: crebbe nella più totale solitudine, isolandosi completamente da chi lo circondava; lo stato di depressione in cui viveva era tale da costringerlo a letto giornate intere: spesso infatti non riusciva ad alzarsi fino a pomeriggio inoltrato, tanto era pesante da sopportare la realtà che lo circondava.
La prima svolta importante avvenne nel 1928, quando decise di spostarsi a Parigi in seguito all’assegnazione di una borsa di studio da parte del Trinity College, dove studiò francese e italiano. Il trasferimento ebbe subito effetti positivi: non passò molto tempo perchè il ragazzo definisse “casa” la città. Inoltre cominciò a interessarsi attivamente alla letteratura: frequentava i circoli letterari parigini dove conobbe James Joyce, di cui diventò amico e collaboratore.
La scrittura gli scrollò di dosso un po’ del malessere: solo pochi anni dopo vinse il primo premio letterario consistente in dieci sterline per un poema intitolato Whoroscope (1930), che tratta della transitorietà della vita. Cominciò contemporaneamente uno studio su Proust, giungendo alla conclusione che la routine, l’abitudine, “non è che il cancro del tempo”; è ciò che gli serviva per dare un’ulteriore svolta alla sua vita.
Nel 1938, dopo alcuni viaggi in Europa, decise di trasferirsi in Francia, dove fissò la sua residenza definitiva a Parigi. In questi anni conobbe Suzanne Dechevaux-Dumesnil, una donna di diversi anni più grande di lui che divenne la sua amante e solo svariati anni più tardi la moglie.
Beckett si trovava a Parigi durante lo scoppio della seconda guerra mondiale; decise di prendere parte al conflitto facendo da traduttore per la resistenza, ma presto fu costretto ad allontanarsi per evitare il pericolo che incombeva sulla città e si trasferì in campagna con Suzanne. Qui lavorò come agricoltore e per breve tempo in un ospedale, infine tornò a Parigi nel 1945, finita la guerra, dove trovò ad attenderlo consistenti difficoltà economiche.
A Parigi Beckett iniziò a scrivere in francese, lingua nella quale ha composto tutte le sue opere più importanti. Tra il 1951 ed il 1953 pubblicò una sorta di trilogia narrativa di monologhi interiori composta da Molloy (1951), Malone meurt (1951) e L’innomable (1953), i cui personaggi misteriosamente infermi e disperatamente monologanti incarnano l’orribile solitudine e la paradossale resistenza all’oscuro destino di annientamento dell’uomo contemporaneo che non è in grado di conoscere sé stesso e si divide in due: una coscienza che osserva ed un oggetto che viene osservato.
Con En attendant Godot (Waiting for Godot, 1952) Beckett diede inizio al teatro, cosiddetto, dell’assurdo ed è il primo “scrittore dell’assurdo” ad ottenere fama internazionale, arrivando anche a vincere nel 1969 il premio Nobel per la letteratura.
Nel frattempo Beckett continuò a scrivere di narrativa: Nouvelles et textes pour rien, 1955 e Comment c’est, 1961. Ma in generale ha scritto soprattutto per il teatro, riproponendo con evidenza sempre più scarnificata, fino agli estremi del silenzio e della pura raffigurazione mimica, i temi fondamentali della sua ricerca: Fin de partie (1957), Act sans paroles (1957), Oh les beaux jours (1961).
Dopo il Nobel nel 1969, Beckett ha continuato a scrivere, fino alla sua morte avvenuta il 22 dicembre 1989, ma anche la scrittura negli ultimi anni era diventata un peso da portare con immensa difficoltà.
Premio Nobel per la Letteratura, 1969