Per molti italiani l’Irlanda rimane una meta sognata e ambita per cambiare vita, per trovar lavoro e trasferirsi sia per un breve periodo sia per vivere un’esperienza lunga.
Ma prima di partire o semplicemente prendere la fatidica decisione, sono tanti i dubbi che possono sorgere spontanei.
Per aiutare tutti coloro che stanno ipotizzando di trasferirsi in Irlanda, vogliamo provare a fare chiarezza su alcuni punti che occorre tenere ben presente al momento della scelta. E lo facciamo con le riflessioni di Bernd Faas, esperto di orientamento internazionale, che opera da oltre 20 anni nel settore della mobilità internazionale. La sua esperienza professionale riguarda l’orientamento, la preparazione e la realizzazione di attività nell’ambito di lavoro, stage, formazione e volontariato all’estero.
Bernd Faas sottolinea come molti giovani siano attirati dall’idea di andarsene fuori per lavoro e fare un’esperienza unica: vivere lontano da casa propria e dal proprio Paese, in mezzo a persone che parlano un’altra lingua, confrontarsi con una mentalità diversa, capire come si lavora in un altro Paese, cercare il lavoro dove le condizioni sono più favorevoli, affrontare un’avventura per sfidare la propria timidezza, giovarsi di un ambiente straniero per crescere professionalmente e personalmente oppure semplicemente per guadagnare di più.
Questi sono in sintesi alcuni dei motivi che spingono a valutare l’opportunità di oltrepassare i confini nazionali. Ma prima di farsi abbagliare da facili entusiasmi e per evitare di illudersi eccessivamente, è tuttavia indispensabile che ciascuno effettui un’autoanalisi, critica e realistica, rispondendo obiettivamente a molte domande, tra le quali le seguenti.
In particolare all’inizio non è facile per lo straniero trovarsi a proprio agio in un nuovo contesto culturale e linguistico. Ci sono mille problemi da risolvere e serve tenacia e pazienza. Se la motivazione non è molto forte, esiste il rischio di rinunciare dopo poco tempo e vivere questo fatto come una sconfitta. Più si è riflettuto sull’idea “estero”, più preparata è la persona quando parte. E sarà più resistente nel nuovo ambiente per cogliere, passo dopo passo, i frutti della propria pianificazione.
A seconda dell’obiettivo si devono mettere in campo strategie diverse. Voler migliorare il curriculum significa andare a fare formazione oppure proseguire per un periodo significativo l’iter professionale già intrapreso in Italia. Il primo di norma richiede soldi, il secondo una verifica approfondita se il candidato ha le carte in regola circa livello linguistico, riconoscimento del titolo, esperienza richiesta.
Più è impegnativo l’obiettivo professionale, più deve essere alto il livello di conoscenza della lingua fin dal momento della partenza. Serve realismo nella determinazione della padronanza linguistica. Spesso si sopravvaluta la conoscenza e si affronta uno shock tremendo essendo sul posto. Anche il più bravo ingegnere, infermiere o impiegato si deve accontentare di una mansione molto sotto il livello originario se non riesce di comunicare bene la sua professionalità.
La questione è fondamentale per aver successo all’estero. La mancanza di personale qualificato è presente in molte realtà ma la preparazione del candidato deve soddisfare le richieste del mercato. Questo vuol dire che il contenuto dell’iter formativo fatto in Italia deve essere paragonabile, la durata uguale o simile, il titolo riconosciuto. In caso contrario la strategia di inserimento deve prevedere di acquisire al più presto l’elemento mancante.
Spesso non ci rendiamo conto di quante competenze professionali disponiamo veramente. Confrontando le richieste per un determinato posto di lavoro con il proprio bagaglio, capiamo se una candidatura ha o non ha senso. Nei primi anni lavorativi il curriculum italiano è caratterizzato da lavori non inerenti alla formazione, periodi brevi, precarietà. Tante competenze nascoste che devono essere spiegate all’azienda straniera.
Il rapporto tra tempi e progetti genera spesso delusione e frustrazione, perché non si dispone di un quadro realistico dei tempi necessari per riuscire nell’impresa che ci si è prefissa. Trovare un lavoro qualsiasi in un Paese con un basso tasso di disoccupazione è abbastanza facile. Ma trovare esattamente quel lavoro, che è la continuazione di quello in patria, richiede numerose verifiche, cioè tempo.
Nella maggiore parte dei casi ci si deve recare sul posto per cercare il lavoro. Di conseguenza servono dei soldi per finanziare il periodo senza impiego. A seconda della professione ci vogliono anche tre mesi prima di iniziare. E il primo stipendio arriva ancora un mese più tardi. Ma alloggio, trasporto e vitto devono essere garantiti.
Ognuno deve prepararsi a vivere, almeno all’inizio, in situazioni modeste e a rinunciare a molte comodità. A questo punto si deve essere pronti a resistere, si deve avere fiducia in se stessi e nella possibilità di un miglioramento mediante il proprio impegno. Adattarsi a situazioni nuove con spirito positivo permette di sfruttare questi momenti per la propria maturazione.
Il posto di lavoro all’estero non cade dal cielo. Deve essere conquistato con più fatica e impegno di quelli necessari a trovarlo in patria. Per aver successo si deve fare una ricerca a 360 gradi coinvolgendo agenzie, persone che conoscono il paese, siti Internet, ecc. Oltre il 50% dei posti si trova perchè si conosce qualcuno che, a sua volta, conosce qualcuno…
Migliore è la preparazione, più velocemente avviene l’inserimento: non solo partendo da casa con un contratto, ma anche cercando direttamente sul posto.
Solo se le risposte confermano, senza dubbi, capacità e forte motivazione a partire, allora si può iniziare la vera e propria ricerca del lavoro.